Protesi totale della spalla, anatomica e inversa, primaria, non traumatica: tecnica chirurgica

C. Nérot X. Ohl

Da una trentina di anni il numero di impianti di protesi della spalla è aumentato considerevolmente (+13%
tra il 2006 e il 2010), con risultati clinici che ne incentivano l’utilizzo e allo stesso tempo il miglioramento. Vengono tenuti
in conderazione i dati anatomici e preoperatori, clinici e paraclinici perché rappresentano il prerequisito essenziale per
l’indicazione. Il contributo della tomografia è fondamentale per identificare una perdita di sostanza ossea (glenoidea in
particolare) e per valutare la condizione dei muscoli della cuffia dei rotatori; si tratta infatti dei due principali punti deboli
delle artroplastiche della spalla. La qualità dell’impianto così come la scelta della via di accesso sono parte integrante
della strategia chirurgica. Indipendentemente dal tipo di artroplastica scelto, la qualità dell’esposizione della cavità
glenoidea è una fase spesso delicata, ma essenziale, per assicurare un lavoro efficace: preparazione dell’osso e fissazione
dell’impianto. La preservazione dei tessuti molli e il ripristino di un equilibrio soddisfacente sono tra gli elementi chiave
per un buon risultato funzionale delle protesi anatomiche, a prescindere dalla modalità di fissazione dell’omero. In caso
di artrosi associata a una rottura irreparabile della cuffia dei rotatori, il rispetto dei principi descritti da Paul Grammont
è di fondamentale importanza per la riuscita di una protesi inversa. L’analisi delle casistiche pubblicate ha permesso di
definire i criteri di posizionamento più adeguati, in particolare per la componente glenoidea. Possono altresì essere indicati
e devono essere pianificati interventi associati come l’innesto osseo o la trasposizione tendinea.
 

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